di Padre Luca Zaru Priore del Religioso Cristiano Ordine monastico Anglo Cattolico dei SS. Francesco e Chiara

 

Riti di ingresso o di introduzione

Sono i riti che precedono la Liturgia della Parola, cioè:

Queste preghiere hanno un carattere di introduzione e di preparazione. Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l’eucaristia.

Il Canto di ingresso viene eseguito mentre il sacerdote o il vescovo e tutti i ministri raggiungono la sede della presidenza. La processione di ingresso si snoda in questo ordine:

  1. Incensiere o turiferario (un ministrante)
  2. Due ministranti portano le candele e al centro un ministrante porta la croce.
  3. Tutti i ministranti procedono in fila per due.
  4. I diaconi.
  5. Il diacono che porta il Vangelo.
  6. Tutti i sacerdoti.
  7. Il vescovo.

Naturalmente nei riti ordinari mancano alcuni protagonisti e la processione d’ingresso può essere eseguita dal solo sacerdote che celebra.

Arrivati presso l’altare tutti si inginocchiano ad esso in segno di rispetto, quindi vi girano intorno e solo i sacerdoti, i diaconi e il vescovo lo baciano. Se si usa l’incenso, va incensata la mensa girandoci intorno, quindi tutti raggiungono i propri posti e dopo il canto di ingresso, comincia la celebrazione con il SEGNO DELLA CROCE.

Saluto del Sacerdote: dopo il segno della croce il sacerdote saluta il popolo e introduce la celebrazione del giorno. Il sacerdote poi richiama tutta l’assemblea alla conversione.

Il rito Anglo Cattolico è molto simile al rito Romano ma con alcune differenze. A questo punto tutta l’assemblea recita i Dieci Comandamenti originali quelli tradotti direttamente dal Libro dell’Esodo. Poi viene eseguito l’Atto penitenziale che non è solo la preghiera del Confiter ma una vera e completa confessione semi-pubblica. Pubblica perché viene eseguita collettivamente ma privata in quanto ogni fedele si concentra, esamina la propria coscienza sempre mentalmente riconosce i propri peccati chiedendo il perdono.

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L’Atto penitenziale si articola quindi nel raccoglimento personale in una pausa di silenzio, nella recitazione collettiva del Confiteor e nell’assoluzione dei fedeli presenti da parte del sacerdote per predisporli nel migliore dei modi ai riti successivi.

Naturalmente l’assoluzione raggiunge solo chi ha confessato nel proprio cuore i suoi peccati pentendosene sinceramente.

Successivamente i riti ridivengono sostanzialmente uguali con l’invocazione del Signore pietà e il Gloria.

Il Gloria si omette in Avvento e in Quaresima.

Segue l’Orazione (Colletta) che conclude questa prima fase.

La liturgia della Parola

La Liturgia della Parola è costituita dalla lettura di brani tratti dalla Sacra Scrittura, dall’omelia del celebrante e dalla preghiera dei fedeli. Durante le letture tutti stanno seduti fino al canto dell’Alleluia. Al canto dell’alleluia tutti si alzano per ascoltare in piedi il Vangelo, alla fine del quale vi è l’omelia del vescovo o del sacerdote.

Durante l’omelia, tutta l’assemblea sta seduta.

La successione delle letture:

  1. Prima Lettura, presa solitamente dall’Antico Testamento (un lettore).
  2. Salmo Responsoriale, letto o cantato. (un lettore).
  3. Seconda lettura dal Nuovo Testamento (un lettore).
  4. Alleluia (un lettore o il coro, se si canta).
  5. Proclamazione del Vangelo (il sacerdote o un diacono). Tradizionalmente all’inizio della proclamazione del Vangelo tutti tracciano con il pollice destro tre piccole croci sul cuore, sulla bocca e sulla fronte per significare che la Parola di Gesù entrerà nel cuore , nelle parole e nella mente.
  6. Omelia (sacerdote o diacono).
  7. Professione di fede o credo. (tutti stanno in piedi durante la proclamazione del credo che viene introdotto dal sacerdote).
  8. Preghiera dei fedeli (uno o più lettori). I testi delle letture variano per ciascuna domenica e sono raccolti nel Lezionario. Per i giorni festivi si segue un calendario triennale (Anno A, B, C; per i giorni feriali i lezionari sono 2 (anni pari e dispari).

La liturgia eucaristica

Secondo la narrazione evangelica, Gesù “prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati»”. (Mt 26,26-28). La liturgia eucaristica sviluppa queste azioni di Gesù in tre momenti:

  1. l’offertorio
  2. la preghiera eucaristica
  3. i Riti di comunione.
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L’offertorio è la presentazione delle offerte: il pane e il vino che diventeranno il suo Corpo e il suo Sangue. È il gesto stesso di Gesù nell’Ultima cena. Durante l’offertorio, i ministri e i diaconi preparano la mensa mentre i fedeli presentano le loro offerte. Viene preparata la pisside, coppa che contiene le ostie per la comunione e il calice.

Nel calice viene messo il vino e poche gocce di acqua. Questo rito dell’acqua unita al vino simboleggia la nostra unione alla vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana.

Dopo la preparazione, il sacerdote presenta le offerte e recita la preghiera sulle offerte. Se viene usato l’incenso: il sacerdote incensa le offerte e l’altare, poi consegna il turibolo o incensiere ad un diacono o ad un ministro il quale incensa il sacerdote presidente, tutti i sacerdoti presenti e concelebranti e in fine il popolo. Durante l’offertorio può essere eseguito un canto.

La preghiera eucaristica è composta dal prefazio, rendimento di grazie, che si eleva a Dio per l’azione salvifica compiuta dal Figlio e si conclude col canto del “Santo”;

l’epiclesi invocazione allo Spirito Santo affinché il pane e il vino “diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore”; il sacerdote stende le mani sul calice e sulla pisside.

il racconto della cena, con la ripetizione delle parole che Gesù affida ai suoi discepoli.

Dopo aver consacrato il pane e il vino il sacerdote eleva l’ostia consacrata affinché l’assemblea possa adorarla per pochi attimi, la depone sull’altare e fa una profonda genuflessione. La stessa cosa va ripetuta per il calice.

l’esclamazione: “Mistero della fede”, cui il popolo risponde con l’acclamazione del ricordo della morte e risurrezione di Gesù; durante la consacrazione i fedeli possono stare in ginocchio o in piedi.

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il memoriale della risurrezione Cristo Crocifisso con le varie invocazioni;

la dossologia (cioè la preghiera di lode a Dio) “per Cristo, con Cristo ed in Cristo” conclusiva.

I riti di comunione

I riti di comunione hanno inizio con la recita o il canto della preghiera del Padre nostro. Subito dopo lo scambio di un segno di pace fra i celebranti e i fedeli presenti nell’assemblea, trova posto l’invocazione dell’ «Agnello di Dio, … ». Questa invocazione ha una forte dimensione eucaristica, perché pronunciata durante il rito della frazione del pane e dell’immistione (una piccola porzione dell’ostia viene posta nel calice) sia perché riprende il cibarsi dell’agnello nella cena pasquale ebraica accostandolo alla vera cena dell’Agnello, la comunione eucaristica.

Tutti fanno la comunione nel seguente ordine:

  1. sacerdoti
  2. diaconi
  3. ministri
  4. assemblea.

Si consiglia la distribuzione della comunione sempre sotto le due specie: il pane e il vino. Se l’assemblea è molto numerosa, la comunione può essere distribuita da più sacerdoti o diaconi. Durante la comunione può essere eseguito un canto. Alla fine della comunione, tutti siedono in silenzio, mentre i ministri ripongono le ostie consacrate rimaste nel tabernacolo. Viene fatta la purificazione del calice. Il sacerdote, in piedi, recita la preghiera dopo la comunione. Dopo la recita della preghiera dopo la comunione, se vi sono avvisi per la comunità, vengono annunciati dal sacerdote o da un lettore.

I riti di conclusione

Nei riti di conclusione il sacerdote, benedice il popolo, se celebra un vescovo la benedizione ha inizio con le parole “Sia benedetto il Nome del Signore” e “Il nostro aiuto è nel nome del Signore”, cui l’assemblea risponde opportunamente; quindi il diacono o lo stesso celebrante congeda l’assemblea che esce dalla chiesa per esprimere nella vita il sacramento ricevuto. Da qui l’utilizzo del nome Messa (per indicare un invito a operare) dato alla celebrazione eucaristica.

Alla fine della messa si può eseguire un canto conclusivo.

 

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